Il Giudice – fa sapere il Codacons - dopo aver esaminato il disposto dell’art. 3 del D.P.R. n° 318/97 (che impone alla Telecom l’incarico di fornire “il servizio universale” su tutto il territorio nazionale) ha ritenuto che il “servizio universale” consiste nella fornitura di alcuni servizi, ma in essa norma non viene nominato il canone di abbonamento. Il comma 4 della suddetta norma attribuisce il servizio alla società Telecom S.p.A. ed aggiunge che detto servizio viene effettuato dalla Telecom, ma dal 1° Gennaio 1998, può essere espletato anche da altre società di telecomunicazioni. L’onere del servizio universale, infatti, deve essere sopportato solo ed esclusivamente, come dice il legislatore:
1. dagli operatori che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni;
2. dai fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pubblico;
3. dagli organismi che prestano servizi di comunicazioni mobili e personali.
Alla luce delle suesposte considerazioni, si evince chiaramente che gli utenti finali sono esclusi dall’onere di costi aggiuntivi, compreso il pagamento del canone di abbonamento richiesto dalla Telecom.
Il Giudice ha anche affrontato la problematica relativa alla validità ed efficacia della clausola contrattuale che impone il pagamento del canone all’utente; nella sentenza, si legge che il contratto di utenza telefonica intervenuto tra le parti è un contratto di adesione, con necessità, quindi, di verificare la eventuale vessatorietà della clausola che prevede il pagamento del canone di abbonamento, facendo riferimento all’art. 1469 bis del Codice Civile.
Ebbene, il Giudice ha evidenziato che la clausola predisposta dalla Telecom produce uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e che, al pagamento del canone, non corrisponde nessun servizio erogato da Telecom, giungendo all’assurdo pagamento del canone anche in un bimestre nel quale non vi sia stato alcun traffico telefonico.
In definitiva, la clausola contrattuale che prevede il pagamento di un canone fisso, prescindendo dalla tariffa per il servizio richiesto e dal traffico effettivamente erogato, è da considerarsi ingiusta e di natura vessatoria ai sensi dell’art. 1469 bis del Codice Civile e, quindi, è stata dichiarata inefficace.
Tale sentenza – afferma il Codacons – apre la strada a oltre 20 milioni di cause analoghe dinanzi ai Giudici di pace, da parte degli utenti Telecom ancora costretti a versare l’odioso canone. Se anche altri giudici concorderanno con la decisione del GdP di Torre Annunziata, svariati miliardi di euro dovranno uscire dalle casse dell’azienda telefonica per rientrare nelle tasche degli utenti.
Le sedi Codacons sul territorio sono pronte ad assistere tutti i consumatori che decideranno di chiedere a Telecom Italia la restituzione del canone versato negli ultimi 5 anni.
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